La storia
Un’attività familiare che Bergamo conosce bene, luogo attrattivo per il mondo dei turisti. «Siamo punto di riferimento, anche solo per la posizione strategica in cui ci troviamo, nel cuore della città antica – spiega Amaddeo -. Proprio per questo si parte da qui: fare cultura attraverso la ristorazione significa prima di tutto essere in un luogo e raccontarlo, perché la propria origine è la base su cui si è edificato ed è cresciuto il proprio progetto». E non è solo il ristorante: «E’ il quartiere, il territorio. Da Mimmo siamo ripartiti da qui: abbiamo dato voce ai muri del locale, togliendo la boiserie che mio padre aveva previsto negli anni Sessanta, e siamo tornati il più indietro possibile: sono affiorati resti romani, tarsie antiche».
La storia ritorna, nelle sue sfaccettature, pieghe di vita: «Questo edificio fu parte di un Palazzo delle Feste, costruito nel 1357, e poi in epoca veneziana divenne Palazzo delle Poste con la famiglia dei Tasso che aveva dato il via ai primi corrieri postali – racconta Roby Amaddeo, come tutto lo conoscono -. Dove ora c’è Da Mimmo c’era la Posta, ma anche l’osteria e la locanda per rifocillarsi». Insomma si mangiava sotto, si dormiva sopra, «e a pensarci bene – continua -, con la nuova locanda che abbiamo avviato proprio sopra il ristorante, l’obiettivo è ricostruire proprio quella storia». Per tornare all’origine dei valori, o forse anche ai valori delle origini, perché solo «dopo questo passo, si può iniziare a parlare di cibo, tra tradizione e innovazione». E di cibo si parla raccontando l’anno 1956, quando Mimmo Amaddeo e sua moglie Lina arrivarono a Bergamo Alta con i loro 3 figli e una passione: cucinare le loro ricette per gli altri. «Mio padre fu uno dei primi ad avere il coraggio di aprire in Città Alta quando questa zona non era certo il borgo di oggi. Per queste strade si metteva in gioco senza metterlo in piazza. Nei momenti di difficoltà, c’era sempre». Costruttore di emozioni, quelle intense dei momenti racchiusi nella semplicità di una tavola, di un piatto da condividere. La sua è anche una storia di sacrificio e di una scommessa vinta, su se stesso: «Nel 1956 papà lavorava a Milano, in una pizzeria importante, in via Agnello – racconta Roberto –. Lo pagavano bene, 80 mila lire al mese. Un giorno, al bancone si avvicina un uomo per parlargli: “Lei è in gamba, perché non prova a mettersi in proprio? Conosco un posto in un paesino di montagna, Bergamo alta”. Papà accetta la sfida: incontra il proprietario, si mettono d’accordo per 500 mila lire, con una stretta di mano».
A trentuno anni Mimmo si trasferisce in una via Salvecchio diroccata, si rimbocca le maniche con l’inseparabile Lina e prodotti del tutto nuovi, come gli arancini e la pizza. Allora per i bergamaschi erano cibi sconosciuti, una novità assoluta». Ed è il cibo a fare la differenza, proprio come adesso: «Senza contare Mimì che dal 2000 valorizza la materia prima ed è un ristorante dell’alleanza dei cuochi dei presidi Slowfood – continua Roberto -, sono due i filoni gastronomici Da Mimmo: abbiamo il cibo di famiglia, per tornare alle origini, con il pesce cucinato come al Sud, ricette tramandate dalla nonna messinese, un modo di preparare e valorizzare la materia che è la nostra anima natale, della nostra famiglia; poi c’è il cibo di adozione, con le tradizioni locali e la sua tipicità».
Ovviamente si intreccia a questi due «filoni» la pizza: «Lo dice la nostra insegna: siamo ristorante con pizza, tra l’altro la prima pizzeria di Bergamo, e per noi questo piatto è la base della nostra tradizione. La pizza ha il valore di un grande piatto italiano, ma soprattutto di un prodotto da cucina, con i migliori ingredienti. Resta però anche un piatto popolare, buono e di eccellenza, invenzione del genio italiano».
Per questo la sua pizza Regina Margherita, fatta con mozzarella di bufala, pomodori di Pachino, basilico fresco, olio extra vergine d’oliva e cotta rigorosamente nel forno a legna, è tra i piatti del cuore del locale, insieme alla mitica nonché storica Parmigiana di melanzane di mamma Lina: «Puntiamo sulla semplicità, sul rispetto dei ritmi e delle stagioni della natura e su una ricerca continua. I criteri di acquisto dei prodotti privilegiano da sempre la qualità e la bontà, ponendo grande attenzione all’origine dei prodotti e alla loro produzione, scegliendo il più possibile biologico – continua Massimo, fratello di Roberto -. Ogni ricetta viene curata e realizzata con passione per poter riscoprire, ad ogni assaggio, il gusto autentico delle cose buone». Che trasmettono anche il valore della città stessa, in un progetto che si estende.
Insieme a Da Mimmo, nel 2018 si è avviata l’avventura Da Mimmo Ai Colli, proprio all’interno del Parco Dei Colli: «Anche qui ristorante e pizzeria, in un’atmosfera diversa, con spazi più estesi, nella natura, ma sempre seguendo l’eccellenza culinaria» continua Massimo che si occupa del progetto.
Tutto all’insegna della filosofia di famiglia: «Crescere, differenziare, innovare, ma a modo nostro, con le radici ben piantate per terra e i rami che crescono, si espandono, puntano in alto».